PENSARE & FARE: metodo didattico innovativo basato sulla pratica del pensiero critico in classe

Un nuovo corso per applicare un metodo educativo che mette il pensiero critico al centro dell’apprendimento!

Il corso è ideato e tenuto dalla Dott.ssa Fulvia Richiardone, presidente di PenSiamo APS, ex funzionaria ONU in ambito di formazione (UNICRI) e rifugiati (UNHCR).

Se vogliamo applicare il pensiero critico in classe dobbiamo usare un metodo didattico che faccia pensare e al tempo stesso fare. Fare cosa? Fare attività che permettano agli/alle studenti/tesse di applicare il loro pensare a casi concreti, così che abbiano la possibilità di esplorare come il modo in cui pensano possa influenzare il modo in cui agiscono.

Praticare il pensiero critico significa applicarlo a circostanze concrete.

In questo corso vengono usati strumenti, chiamati Thinking Routine, sviluppati dall’Università di Harvard, Project Zero e oggetto di un progetto congiunto con il Ministero dell’Istruzione in Italia (Making Learning and Thinking Visible). Le Thinking Routine hanno due obiettivi: da un lato coltivano la capacità e abitudine a pensare in modo critico, dall’altro rendono più profondo l’apprendimento dei contenuti disciplinari in quanto essi diventano esperienze vissute insieme.

Applicare le Thinking Routine significa incoraggiare gli/le studenti/tesse a impegnarsi attivamente su un argomento, a elaborare ciò che conoscono, a connettere nuove conoscenze a quelle pregresse, a confrontarsi e interrogarsi di continuo, a fare e costruire insieme.

In classe così il pensare diventa pratica quotidiana e si concretizza nell’indagine, analisi, valutazione, confronto, collaborazione e creatività.

Le lezioni sono così organizzate:

  • Pensiero critico, cosa si intende?
  • Quali capacità devo sviluppare per pensare in modo critico?
  • Applichiamo le Thinking Routine (strumenti sviluppati dall’Università di Harvard, Project Zero, Making Thinking Visible) per sviluppare la capacità di guardare da prospettive diverse, farsi domande, investigare, organizzare idee, osservare attentamente, non essere superficiali ma andate a fondo.
  • Sintesi, riflessione, condivisione.

Il metodo educativo basato sul pensare, verrà sia analizzato in sé in quanto metodo, sia applicato direttamente all’insegnamento delle materie del programma scolastico.

Si consiglia di usare come testo di riferimento in italiano: Making Learning and Thinking Visible, a cura di E. Mughini e S. Panzavolta, INDIRE, Carocci editore, 2020.

Quando: dal 5 aprile al 7 giugno 2023, ogni mercoledì, ore 17-18,30.

Come: il corso è gratuito, iscriversi al corso sulla piattaforma S.O.F.I.A.

Dove:online, Fondazione Università Popolare di Torino.

QUI il link per iscriversi: https://www.unipoptorino.it/eventi/mensili/corso-webinar-pensare-fare/43

LIBERE e LIBERI di PENSARE

Siamo felici di condividere qui che Fulvia Richiardone, presidente di PenSiamo e Stefania Berno, psicanalista infantile, hanno ideato e terranno il corso LIBERE e LIBERI di PENSARE – applicare un metodo educativo che mette il pensiero critico al centro dell’apprendimento.

Per mettere il pensare al centro della didattica, il corso utilizza strumenti chiamati Thinking Routine, sviluppati dall’Università di Harvard, Project Zero e oggetto di un progetto congiunto con il Ministero dell’Istruzione in Italia (Making Learning and Thinking Visible). Questo metodo permette di creare classi pensanti e appassionate all’apprendimento. Inoltre, il corso utilizza le conoscenze della psicoanalisi per analizzare come promuovere e gestire un ambiente educativo dove il pensare insieme, la collaborazione, il confronto e quindi le dinamiche di gruppo sono diventate centrali.

Quando: dal 15 febbraio al 31 maggio 2022, ogni martedì, ore 18-19,30.

Come: iscriversi al corso sulla piattaforma S.O.F.I.A, il corso è gratuito.

Dove: online, Fondazione Università Popolare di Torino.

Qui il programma:

LIBERE e LIBERI di PENSARE

applicare un metodo educativo che mette il pensiero critico e non la memoria al centro dell’apprendimento

Il corso è rivolto ai/alle docenti che vogliono insegnare a pensare, applicando un metodo educativo che mette al centro dell’apprendimento il pensiero critico.Il corso offre gli strumenti per creare classi dove il pensare diventa pratica quotidiana e si concretizza nell’indagine, analisi, valutazione, confronto, collaborazione e creatività.

Per mettere il pensare al centro della didattica, il corso utilizza strumenti chiamati Thinking Routine, sviluppati dall’Università di Harvard, Project Zero e oggetto di un progetto congiunto con il Ministero dell’Istruzione in Italia (Making Learning and Thinking Visible). Questo metodo permette di creare classi pensanti e appassionate all’apprendimento. Inoltre, il corso utilizza le conoscenze della psicoanalisi per analizzare come promuovere e gestire un ambiente educativo dove il pensare insieme, la collaborazione, il confronto e quindi le dinamiche di gruppo sono diventate centrali.

Il corso è ideato e tenuto dalla Dott.ssa Fulvia Richiardone, presidente di PenSiamo APS, ex funzionaria ONU in ambito di formazione e rifugiati e dalla Dott.ssa Stefania Berno, psicoterapeuta e psicanalista infantile, specializzata alla Tavistock Clinic di Londra e consigliera di PenSiamo APS.

Il corso si divide in due parti.

Nella prima parte: metodo educativo basato sul pensiero critico (8 lezioni), si esplora e applica un metodo educativo basato sul pensare, dove gli/le studenti/esse si appassionano all’apprendimento e sono liberi/e di esplorare, elaborare ed esprimere le proprie idee anche se divergenti, purché basate su indagine, analisi, valutazione, collaborazione e confronto. Le lezioni sono così organizzate:

  • Cos’è il pensiero critico.
  • Predisposizioni e abilità necessarie per pensare in modo critico.
  • Strumenti per sviluppare le predisposizioni e abilità per pensare in modo critico: presentazione e sperimentazione di alcune Thinking Routine (strumenti sviluppati dall’Università di Harvard, Project Zero, Making Thinking Visible) per: 1) introdurre ed esplorare idee; 2) sintetizzare e organizzare idee; 3) cercare l’essenza delle idee.
  • Cosa ho imparato: analisi, sintesi, riflessione, condivisione.

Il metodo educativo basato sul pensare, verrà sia analizzato in sé in quanto metodo, sia applicato direttamente all’insegnamento delle materie del programma scolastico.

Nella seconda parte: come gestire una classe pensante, psicoanalisi e dinamiche di gruppo (8 lezioni), si analizza come promuovere e gestire un ambiente educativo dove la collaborazione e il confronto sono centrali e quindi le dinamiche di gruppo e del rapporto studente-docente vengono a giocare un ruolo fondamentale. Le lezioni sono così organizzate:

  • Introduzione a concetti chiave della psicanalisi: coscienza, preconscio, inconscio, proiezioni e introiezioni, meccanismi di difesa.
  • Le dinamiche di gruppo in classe; dinamiche professore-studente; funzione del/la leader positivo/a nelle dinamiche tra compagni/e in classe.
  • Le interferenze emotive che provocano i disturbi dell’apprendimento: il punto di vista della psicanalisi.
  • Cosa ho imparato: analisi, sintesi, riflessione, condivisione.

L’obiettivo del corso non è fornire un bagaglio di conoscenza teorica che poi gli/le insegnanti potrebbero avere difficoltà ad applicare nel loro lavoro. L’obiettivo è piuttosto fornire un bagaglio di conoscenza ed esperienza che, se applicata in classe, si concretizza nella capacità di insegnare a pensare in modo critico. A questo fine è previsto un accompagnamento nell’applicazione della teoria alla pratica, ossia nel perfezionamento della tecnica. L’accompagnamento consiste nel risolvere problemi pratici, dubbi e aiutare ad adattare il metodo al contesto scolastico di ogni docente.

Si consiglia di usare come libro di testo in italiano: Making Learning and Thinking Visible, a cura di E. Mughini e S. Panzavolta, INDIRE, Carocci editore, 2020.

Quando: dal 15 febbraio al 31 maggio 2022, ogni martedì, ore 18-19,30.

Come: iscriversi al corso sulla piattaforma S.O.F.I.A, il corso è gratuito.

Dove: online, Fondazione Università Popolare di Torino.

Thinking Lab

Sono iniziati i Thinking Lab!

I Thinking Lab sono laboratori di pensiero.

Ci incontriamo come se fossimo al bar/pub ma anzi che affrontare in modo superficiale le questioni, noi andiamo a fondo, ci informiamo su fonti attendibili e confrontiamo, guardiamo da diversi punti di vista e cerchiamo di arrivare all’essenza della questione.

Durante il laboratorio mettiamo alla prova il nostro modo di pensare, ci poniamo domande, testiamo, ci confrontiamo, rielaboriamo, argomentiamo, facciamo connessioni, prendiamo e cambiamo posizione… L’importante è lasciare evolvere le idee, far crescere insieme il pensare, non cadere in stereotipi, uscire da un punto di vista parziale, rispettare chi la pensa diversamente da noi e concentrarsi sulla libertà di pensare…

Prima di ogni Thinking Lab decidiamo di cosa vogliamo parlare. Si tratta sempre di questioni di attualità, il clima è rilassato, ma produttivo.

Prima del Thinking Lab facciamo ricerca sul tema da trattare. Alcuni temi: Il Cop26; La sorveglianza digitale; Analisi del documentario “The Social Dilemma”; Come usare la tecnologia in modo sicuro; Il 5G può danneggiare la salute?; Le conseguenze sociali ed economiche  del Covid-19.

Durante il Thinking Lab applichiamo diverse tecniche per sviluppare il nostro pensiero, tra cui le Thinking Routine di Project Zero dell’Università di Harvard.

Walk and Think

E finalmente ce l’abbiamo fatta a fare il nostro WALK and THINK!

In due parole: Val Troncea, tempo magnifico (almeno di sabato), gente speciale, pensieri profondi e che aprono gli occhi, cibo buonissimo e la magia della montagna! Così si potrebbe riassumere il primo Walk and Think di PenSiamo!

Siamo partiti/e da Pragelato e abbiamo camminato su un sentiero ripido nel bosco per arrivare in una radura con tante mucche al pascolo e lì, nei paraggi, abbiamo fatto un bel pic-nic. Poi abbiamo proseguito sul sentiero panoramico in piano fino ad arrivare al rifugio Troncea. Presi/e dall’entusiasmo dell’arrivo abbiamo condiviso caffè, liquori fatti in casa etc… e senza accorgercene abbiamo iniziato a pensare insieme al tema che avevamo individuato: come il Covid ci ha cambiati/e? In un batter d’occhio è arrivata l’ora di cena, buonissima, il dopo cena e l’ora di andare a dormire… Il giorno dopo: colazione, piccola passeggiata nella nebbia e iniziamo la nostra attività principale: per riuscire a guardare anche da punti di vista diversi dai nostri, ci siamo messi/e nei panni degli/lle adolescenti e abbiamo cercato di capire come hanno affrontato la pandemia. Ci siamo descritti/e da adolescenti e ci siamo ricordati/e di quanto raccontato dagli adolescenti attuali. Il risultato è stato magnifico: riuscivamo quasi a vedere con gli occhi degli/lle adolescenti e il condividere le nostre vite passate ci ha unito come gruppo.

Poi è arrivato il pranzo, sempre buonissimo, e la passeggiata di rientro nella nebbia ma senza pioggia!

E’ stato così bello che abbiamo pensato di organizzare due/tre Walk and Think ogni anno: uno sulle neve, uno al mare…

Ora, ancora più di prima, ci sentiamo un gruppo coeso nel vivere applicando il pensiero critico!

WALK & THINK: weekend di passeggiate e Pensiero Critico, il 4 e 5 Settembre 2021

Per un magnifico weekend ci immergeremo nel parco naturale della Val Troncea (Pragelato) a camminare e pensare in modo critico.

  • Partiremo sabato 4 settembre per una bella passeggiata con pic-nic nel parco
  • Ceneremo e pernotteremo nel mitico rifugio Troncea
  • La domenica saremo allietati da colazione e pranzo nel rifugio. E nel verde della valle, insieme parleremo, penseremo, ci confronteremo, scopriremo, cresceremo… Il tema che abbiamo scelto e su cui stiamo già facendo ricerca per prepararci è: Il prima e il dopo Covid, cosa abbiamo vissuto in questi anni, come eravamo prima e come siamo ora, come questo vissuto influenza la nostra vita di oggi, come vogliamo andare avanti ora? Pensiamo che finora non abbiamo avuto il tempo e l’occasione di riflettere e diventare consapevoli di come siamo cambiati/e…

Vi aspettiamo per un’esperienza che siamo sicuri/e sarà indimenticabile!

Per info e adesioni scrivere a: info@pensiamo.org

Il termine ultimo per le adesioni è il 15 luglio 2021

Che cosa significa camminare nei boschi? Rocco Drosi, socio di PenSiamo, ci immerge nella magia di quei momenti, come se fosse ora…

Camminare nei boschi, respirare il profumo delle foglie che formano spessi strati lungo i sentieri.

Si avverte una sensazione di benessere unico. Il dolce suono che durante il camminamento si avverte è come se ci dicesse di fare piano, per poter ascoltare meglio quel suono delicato che ci accompagna in ogni passo.

Il silenzio tutto intorno è irreale per chi riesce a cogliere in pieno questo benessere. L’animo, entrando in sintonia con l’ambiente, diviene un tutt’uno con la natura circostante.

Si riesce a sentirsi leggeri, perché ci si libera del peso che ci portiamo sempre dietro nella quotidianità.

Tutti dovremmo andarci, per provare queste sensazioni di rinascita del corpo e dello spirito. I raggi del sole, che riescono ad entrare tra i fitti alberi e colpiscono le loro foglie, danno una luce particolare tutto intorno.

Alzando lo sguardo, fra un ramo e l’altro, si riesce a vedere l’azzurro del cielo e anche qualche uccellino che lieto canta come sa fare con le sue note.

Intanto i nostri pensieri sono solo quelli di cui godiamo.

Se insegniamo agli studenti a Pensare in modo Critico diamo loro un futuro – Corso online per insegnanti su piattaforma SOFIA

Non c’è niente da fare, il Pensiero Critico deve essere imparato a scuola e poi applicato nella vita. Il Pensiero Critico non è altro che un modo di pensare: un modo di pensare analitico, non impulsivo, autonomo, chiaro, senza pregiudizi e verità assolute. Non è la scuola il posto dove si impara a pensare e a pensare bene? Che cosa mi servono le nozioni se poi non so come pensare? Cosa mi serve fare ciò che fanno tutti, con un atteggiamento gregario e non creativo?

Noi di PenSiamo abbiamo molto a cuore l’educazione perché un paese che non investe nell’educazione non ha futuro, perché lo sviluppo di domani dipende dal livello dell’educazione di oggi (come osservato dall’OCSE).

Per questo abbiamo deciso di offrite un corso online gratuito per insegnanti sulla piattaforma SOFIA del Miur presso l’Unipop: “Insegnare a Pensare in modo Critico – come sviluppare un metodo educativo che mette il Pensare e non la memoria al centro dell’apprendimento”. Il corso prevede 12 lezioni, dal 23 febbraio all’11 maggio 2021 (ogni martedì ore 18,30 – 20,30).

Il Corso è tenuto da Fulvia Richiardone (Presidente di PenSiamo, ex funzionaria ONU: UNICRI e UNHCR) e Stefania Berno (psicoterapeuta e psicoanalista infantile specializzata a Londra, “Marta Harris” – Tavistok Model Clinical Course). Fulvia mostrerà come mettere il Pensare al centro del metodo educativo e Stefania mostrerà come gestire una classe dove ognuno pensa e si esprime. Qui il link per iscriversi: Titolo della pagina (unipoptorino.it)

Gli/le insegnanti hanno in mano il futuro degli studenti e possono, con il loro insegnamento migliorare il mondo, noi di PenSiamo saremo sempre dalla loro parte!

27 GENNAIO – AUSCHWITZ, LA MEMORIA – Giusi Di Franco

Improvvisamente e misteriosamente

reietto,

dolorosamente strappato

alla vita

nell’assordante colpevole

silenzio di troppi.

Non più uomo

ma strumento in vili mani

inauditamente

assassine.

Trasportato, spogliato di tutto

sfruttato fino all’ultimo

 respiro

ridotto in cenere da chi non aveva

più forza e volontà

per opporre qualsiasi

rifiuto.

Perpetrato da chi s’era

proclamato

“razza superiore”

impropriamente arbitro

dell’altrui destino.

A perenne monito

mucchi di scomposte scarpe

e occhiali dietro una vetrina

poche baracche

sopravvissute al fuoco

dell’oblio.

E le testimonianze

dei sopravvissuti

costretti, dopo un ritroso

 silenzio,

a rinnovare perennemente

il dolore

per mantenere viva

la Memoria!

Una buona occasione – Andrea Gambino

Ore 00.00 del 1° gennaio 2021: quattro calici s’incontrano, il tintinnio dei bicchieri è acuto e mi sento grato di essere assieme a persone cui voglio bene. Vorrei abbracciarle e tenerle strette fino a mattina. Il 2020 è terminato. Non voglio abbandonarmi alla tentazione di considerarlo un anno catastrofico e da maledire per sette generazioni, ma preferisco vederlo come un anno che ci ha messo di fronte a grandi sfide, alla necessità di cambiamento e di assumersi responsabilità.

Prima che arrivasse il Covid-19 vivevamo nel torpore dell’abitudine e della fallace convinzione che non si possa cambiare. A marzo 2020, senza desiderarlo, abbiamo invece tutti dovuto stravolgere le nostre abitudini, profondamente e sotto ogni aspetto. Abbiamo dovuto cambiare il nostro quotidiano, le modalità di svago, le modalità di lavorare e, dannatamente, abbiamo dovuto cambiare anche il modo di stare assieme. Sicuramente, tutti i cambiamenti che hanno limitato il contatto umano sono stati sacrifici brutti, ma necessari e sarà molto bello tornare alla consuetudine.  

Però una cosa positiva è chiaramente emersa: cambiare è possibile.

Lo abbiamo fatto per non precipitare nel baratro durante la pandemia, perché non dovremmo riuscirci per migliorare la realtà in cui siamo immersi?

Altro elemento importante è che il cambiamento di cui parlo e che abbiamo sperimentato durante l’anno passato, è fatto di piccole azioni quotidiane, ma portate avanti dalla collettività. Questo significa che per cambiare si può agire fin da subito, senza aspettare grandi riforme strutturali a livello legislativo ed amministrativo che sono necessarie, devono essere fatte, ma richiedono molto tempo.

Mentre attendiamo indispensabili politiche ed azioni di sostegno al lavoro, alla qualità della vita e allo stato sociale, tutti possiamo impegnarci in azioni quotidiane di cambiamento.  

Ci si può chiedere allora quali cambiamenti quotidiani siano desiderabili e ciascuno di noi può provare a stilare una sua lista. La sera del 1° gennaio 2021, ho compilato il mio personale decalogo di spunti per il cambiamento che m’impegnerò a realizzare:

  1. Dialogare provando a capire un’opinione diversa, senza volerla soffocare con una malsana foga di assertività, che spesso non poggia su solide basi argomentative.
  2. Agire per convinzione e non per convenienza.
  3. Non alzare la voce quando discuto.
  4. Non essere eccessivamente geloso ed avaro del mio tempo: se condiviso diventa un bene prezioso.
  5. Iniziare un consumo critico, valutando la filiera produttiva e privilegiando chi porta avanti uno sviluppo equo e sostenibile delle risorse naturali e di chi lavora.
  6. Impegnarmi per la salvaguardia dell’ambiente, spostandomi a piedi o in bicicletta il più possibile, riducendo l’utilizzo dei prodotti monouso e documentandomi.
  7. Riconsiderare i miei pregiudizi.
  8. Portare avanti il mio impegno contro ogni tipo di discriminazione.
  9. Riconoscere i miei errori, dire “ho sbagliato” e trarne una lezione.
  10. Pensare criticamente.

La pandemia ha fatto indiscutibilmente molti danni sociali, economici, psicologici; molti di questi richiederanno tempo, riforme e politiche lungimiranti per essere sanati. Ma l’efficacia delle riforme dipenderà dal contributo di ciascuno di noi nel creare un sostrato fertile e questo sostrato possiamo e dobbiamo costituirlo fin d’ora. Ogni tempesta, una volta passata, introduce elementi di novità e presenta sempre una buona occasione per cambiare in meglio e io non voglio davvero lasciarmela sfuggire!

Uomini come alleati per la parità di genere Andrea Gambino

Sono un uomo, ho 38 anni e tre giorni fa, durante una tavola rotonda organizzata dall’associazione White Ribbon Canada1 dal titolo “Uomini come alleati per la parità di genere”, ho sentito per la prima volta l’espressione “toxic masculinity” – mascolinità tossica – che porta alla violenza basata sul genere.

Quanti di noi uomini hanno mai sentito tale espressione? Quanti di noi si sono mai interrogati su cosa sia una mascolinità sana e cosa una mascolinità tossica? Ma soprattutto, cosa ci porta a sviluppare una mascolinità tossica piuttosto che sana?

Al primo quesito, ognuno di noi può dare la propria risposta. In una ristretta cerchia di amici a cui ho chiesto, nessuno aveva mai sentito quest’espressione.

Una sana mascolinità non può prescindere dal rispetto delle donne, ma anche di ogni essere umano in generale. Come ben espresso dai partecipanti alla tavola rotonda di White Ribbon, una sana mascolinità non sopprime il naturale essere uomini, ma nemmeno lo limita con stereotipi che vedono un segno di virilità nel reprimere emozioni e sentimenti. Una sana mascolinità è quella che permette ad un uomo di esprimere amore, gioia, tristezza o paura. E’ quella che permette ad un uomo di piangere, di sbagliare, di sentirsi debole e vulnerabile, senza per questo ritenersi sconfitto e fargli venire meno la forza di rialzarsi e ricominciare.

Una mascolinità tossica è invece quella che porta a reprimere le proprie emozioni, e che sfocia nella violenza nei confronti delle donne in primis, ma aggiungerei anche nei confronti degli altri uomini e spesso di sé stessi. Infatti, tutte quelle volte che reprimiamo una vibrazione della nostra anima per non disattendere un’aspettativa sociale ed ambientale, è una violenza fatta a noi stessi, che può poi essere rovesciata su chi abbiamo attorno.

Importante è poi considerare che violenza è un termine molto ampio, e non deve essere ridotto ad un atto fisico. Violenza è qualsiasi atteggiamento di prevaricazione, è qualsiasi accettazione di privilegi o penalizzazioni basati sul genere, è negare ciò che è altro, è respingere l’ascolto ed è una disposizione mentale che tende a schiacciare, volendo creare un rapporto di subalternità.

Ma soprattutto, cosa ci porta a sviluppare una mascolinità tossica?

In modo acuto e preciso, il filosofo Umberto Galimberti sostiene che “l’identità non è una dote naturale, ma è un dono sociale”2, è cioè il frutto del riconoscimento datoci dagli altri. Anche in un articolo scritto per presentare la campagna “Boys don’t cry3, portata avanti da White Ribbon, viene presentato un concetto simile, ovvero nel momento in cui nasciamo il nostro genere ci attribuisce caratteristiche e regole di comportamento. Tipicamente l’uomo è duro, non piange, non mostra sentimenti né debolezze, non ha paura e deve avere successo. Una pubblicità di alcuni anni fa, proponeva un profumo come quello per “l’uomo che non deve chiedere mai”.

Sebbene alcuni passi avanti siano stati fatti – lo provano la partecipazione attiva di uomini in White Ribbon e lavori come il libro di “How to raise a boy” di Michael Reichert4 – questi sono stereotipi ancora presenti, a cui contribuisce l’intero apparato sociale e che hanno un rapporto di causalità con la disparità di genere e le violenze. Dobbiamo superarli assieme, uomini e donne.

In primis, ogni uomo deve iniziare a condannare fermamente e deprecare ogni atto di violenza o comportamento sessista, per piccolo che possa essere e per quanto perpetrato da persone a noi vicine. Battute sessiste, apparentemente innocue, ma che non lo sono e che feriscono, possono celare una radicata disposizione mentale che può portare a rapporti tossici e violenti. Pur avendo sempre parteggiato per equità e rispetto e non essendomi mai ritenuto violento, confesso di aver fatto battute sessiste senza quasi rendermene conto, perché normalmente accettate ed attese dagli altri uomini e da alcune donne, ma involontariamente subite dalla gran parte delle altre donne. Sembrava quasi naturale e richiesto dal mio essere uomo.

Il punto non è negare l’esistenza di differenze di genere che ci sono per natura e che non devono assolutamente essere annullate. La diversità nel mondo è sempre un valore ed una ricchezza. E non dobbiamo nemmeno rifiutare la possibilità di scherzare e giocare con queste differenze, ma dobbiamo imparare a ridere con e non a ridere di. Lo scherzo ed il gioco devono essere fatti assieme, nel pieno rispetto dell’individualità di ciascuno, del genere e con divertimento reciproco.

Ma una ferma condanna di atteggiamenti sessisti non sarà sufficiente a risolvere il problema. Serve un impegno collettivo a più livelli, che coinvolga in ogni ambito adulti e ragazzi, uomini e donne. L’associazione White Ribbon sul suo sito propone un interessante decalogo di come promuovere una sana mascolinità5. Alla base di questi dieci consigli pratici, c’è l’educazione a provare emozioni, l’abitudine al confronto e il rispetto delle diversità.

I cambiamenti comportamentali devono essere opportunamente stimolati, una corretta e strutturata educazione è necessaria e campagne di sensibilizzazione volte a rovesciare modelli negativi possono essere molto utili, ma ritengo che l’attualizzazione del cambiamento si abbia solo nel quotidiano agire concreto. Impegnamoci tutti!

Bibliografia

  1. https://www.whiteribbon.ca/#
  2. Umberto Galimberti, L’identità – YouTube
  3. https://www.whiteribbon.ca/boysdontcry.html
  4. “Non educate i ragazzi alla mascolinità tradizionale”, Livia Paccarié interista Michael Reichert, Huffington Post, 30 Ottobre 2020 (huffingtonpost.it)
  5. how_to_promote_healthy_masculinity.pdf (whiteribbon.ca)