La scelta di una donna come vice presidente degli Stati Uniti fa pensare parecchio.
Soprattutto perché a sceglierla è stato un uomo, un uomo, che così facendo, dimostra di non aver paura di essere messo in ombra da una donna capace e competente.
Anzi Kamala Harris è stata scelta anche nell’ottica di prendere un giorno il posto di Joe Biden considerando la di lui età avanzata. Questi sono fatti, non parole.
Spesso invece siamo bravi/e solo a parole a dire che le donne valgono quanto gli uomini. Ci comportiamo come se non potessimo ammettere che in un sistema basato sui diritti quale il nostro, l’uguaglianza tra uomo e donna di fatto non c’è ancora. E che non ci sia è evidente. Se ci fosse, sarebbero donne almeno la metà dei membri delle più alte cariche dello stato, del settore pubblico e di quello privato. Gli uomini otterrebbero mesi di paternità dopo la nascita dei/lle figli/e e la gestione famigliare sarebbe divisa tra uomo e donna.
Perché la parità esiste nelle parole ma non nei fatti?
Perché il modello sociale più diffuso, sia tra donne che tra uomini, è ancora quello dell’uomo che mantiene la famiglia e della donna che, pur lavorando, guadagna meno del marito, in compenso ha maggiore responsabilità sulla crescita dei figli, gestione della casa e della famiglia in generale.
Socialmente non c’è problema ad accettare che una donna non lavori per occuparsi della famiglia, mentre è più difficile accettare che un uomo non lavori per occuparsi della famiglia. L’uomo in questione viene subito sminuito, nel senso di privato di gran parte della sua virilità. La donna invece viene considerata normale perché sminuire le aspettative professionali della donna è qualcosa che siamo abituati a fare, è normale.
Il modello sociale ci influenza al punto che, anche se pensiamo che le donne siano capaci quanto gli uomini, in realtà nel momento di agire ci tiriamo indietro perché permane un’aspettativa sociale di divisione di ruoli tra uomo e donna.
Molti uomini si sentirebbero di fatto sminuiti se avessero una donna che guadagna/lavora più di loro e molte donne si sentirebbero in colpa se avessero posizioni professionali più alte dell’uomo.
A un’analisi approfondita questo modello sociale lede tanto gli uomini quanto le donne.
Lede gli uomini perché l’aspettativa sociale li costringe a dover dimostrare di essere professionalmente superiori alle donne in un periodo storico in cui sempre più donne lavorano intensamente per sviluppare la loro professionalità. Se in passato questo ruolo di superiorità lavorativa era per gli uomini accessibile perché la maggior parte delle donne non aveva aspettative professionali, oggi invece diventa un obiettivo irraggiungibile.
Se gli uomini devono quindi lasciare spazio alle donne in ambito lavorativo perché è dimostrato che il contributo femminile, anche in posizioni di comando, porta a una crescita economica, le donne invece devono lasciare spazio agli uomini all’interno della famiglia, perché è dimostrato che un padre presente e coinvolto farà del bene ai/lle figli/e.
Pertanto se siamo d’accordo nel considerare lo sviluppo economico e il benessere sociale come obiettivi principali della nostra società dobbiamo permettere questo cambiamento.
Come possiamo farlo?
Ad esempio come ha fatto Joe Biden: consapevole che uomini e donne non sono due squadre ma una sola, non ha paura che una donna possa affiancarlo ed eventualmente succederlo. Anzi ne ha scelta una, per di più di origine afro-asiatica. Questa scelta rende manifesto che per Biden mettere uomini e donne sullo stesso piano sia una consapevolezza acquisita e che collaborare, proprio in condizione di parità, possa essere elemento di forza e non di debolezza nel perseguimento di un obiettivo finale che non può che essere comune a uomini e donne.